L’appuntamento con Paolo era a Moncalieri, secondo quanto avevo capito dallo scambio di messaggi nei giorni precedenti. Per una granita. Ho deciso di andare in treno perchè a Lucia serviva l’auto: il venerdì generalmente lei va dalla parrucchiera ed a volte approfitta di fare un giro nei negozi di Settimo Cielo, un centro commerciale a pochi chilometri da Torino e dalla sua parrucchiera. E allora mi sono incamminato verso la Stazione di Torino Rebaudengo Fossata. Devo dire che l’idea di salire sul trenino non mi dispiaceva, nonostante che la notizia della scomparsa di mia mamma l’abbia ricevuta proprio mentre ero sulla tratta Novara Torino mentre mi apprestavo a ritornare a casa l’11 giugno.
Il trenino in meno di mezz’ora mi avrebbe permesso di raggiungere la cittadina a Sud di Torino partendo dalla Barriera di Milano, evitando così il traffico. Il mio collega di lavoro Sebastiano, con il quale abbiamo trascorso diverse stagioni all’Agnelli, fa più o meno lo stesso lo stesso percorso nel verso opposto per venire a lavoro e a prendere l’auto non ci pensa minimamente. La stazione ce l’ha a due passi da casa e scende a Porta Susa, la prima fermata da Stazione di Rebaudengo che si incontra, e poi raggiunge a piedi Valdocco che si trova a 7 minuti di strada.
Finalmente avrei potuto incontrare Paolo appena tornato dal suo lungo viaggio nelle Americhe del Centro e del Sud.
Paolo l’ho conosciuto nel lontano 1982 tra i banchi dell’aula magna di chimica dove si tenevano le lezioni di “algebra, geometria e analisi 1” del corso di laurea in Scienze dell’Informazione, come si chiamava al tempo Informatica. Nonostante il suo carattere mi sembrasse introverso e lui fosse tifoso dell’Inter, eravamo diventati amici “a prima vista”. Ero stato alcune volte ospite a casa sua e al primo pranzo il papà aveva voluto che concludessimo con “uno spumantino e la crema di cassis” ben miscelati. Onorato della sua amicizia.
I luoghi del suo viaggio li avevo potuti vedere sulla sua pagina Instagram ed ero curioso di conoscere le storie che aveva vissuto. Pare che abbia scritto un diario e abbia intenzione di pubblicarlo. Adesso sta correggendo le bozze. Aspetterò allora di leggere le sue avventure.


la strada che porta alla Stazione
Quindi scendo da casa e mi avvio verso la Stazione. Questa volta arrivato in Corso Venezia attraverso proprio in direzione di Via Boccherini. C’è il nuovo passaggio pedonale, le strisce sono di recente fattura. Eviterò di cuocermi lungo il tratto tutto allo scoperto che porta all’incrocio con Via Breglio e raggiungerò l’ingresso della Stazione dalla parte opposta a quella solitamente utilizzata. Lunga la via incontro un torello, le tipiche fontane torinesi, che si erge vicino un piccolo parco come fosse il proseguimento del Parco Sempione, che costeggio fino a giungere alla stazione.
Voltandomi a sinistra scorgo che i lavori di finitura della parte che dovrebbe dare accesso dal lato della Circoscrizione 6, dentro il Parco Sempione, sono ancora in divenire. Dopo aver raggiunto il marciapiede vedo gli appartamenti prefabbricati che ospitano gli operai. I marciapiedi e i giardini più vicini a Corso Grosseto sono già terminati e fanno bella mostra. Da questa parte siamo nel territorio della Circoscrizione 5 e corso Venezia è proprio il confine. L’arteria centrale che attraversa Torino nord a sud e che dopo aver superato il sottopasso di Corso Grosseto diventa di fatto la Torino Caselle.
Ero eccitato perchè avrei preso il treno per andare a trovare Paolo e gli ho avevo scritto quando sarei arrivato. Ero curioso anche di vedere la Stazione e a che punto fossero i lavori. Davanti all’ingresso c’è ancora l’impalcatura che si inoltra fino dentro là dove iniziano le scale mobili.
Entro.
Le scale mobili funzionano. C’è un giovane con due grandi valigie, moderne, non di cartone. Ha tutta l’aria di essere uno studente universitario appena arrivato a Torino. Corsi e ricorsi storici. Scendo per raggiungere il binario che adesso è diventato il numero 5. Prima era il 2 e così ancora è sull’APP delle Ferrovie dello Stato.
Mentre sono nel tunnel che collega la l’ingresso con i binari squilla i cellulare. Era Paolo che avendo letto il mio messaggio si era reso conto che sarei andato a trovarlo a Moncalieri mentre lui era in ufficio a Torino molto più vicino di quanto potessi immaginare. Zona Regio Parco. E la granita ovviamente l’avremmo consumata da Torre. Io ero stato tratto in inganno dal fatto che anni fa c’era un bar Torre anche a Moncalieri, ma lui mi ricorda che ormai da tanti anni era passato di mano. E pensare che avevo fatto il biglietto del treno. Amen!
tornando sui mie passi
Allora ritorno indietro sui miei passi e questa volta mi indirizzo verso Via Breglio. Lì potrò salire sul 75 e raggiungere più facilmente Corso Regio Parco. E così è. Il pullman passa proprio mentre sto per superare l’incrocio tra Via Cigna e Via Breglio. Salgo.
Menomale che avevo la giacca e il golfino. Mi ero premunito per il treno immaginando che la temperatura sarebbe stata condizionata, fredda. Ma anche sul pullman l’aria condizionata rendeva l’ambiente molto freddo. Il viaggio è molto più breve. Scendo praticamente davanti al cimitero monumentale di Torino e raggiungo a piedi il bar Torre. La zona di Regio Parco è diventata molto bella ed è ben curata. Qualche metro più in la di Torre inizia la movida. Ma qui è molto tranquilla. Molte abitazioni sono state ristrutturate dall’esterno e le vie sono alberate. Corso Regio Parco è un viale che la centro ha una zona pedonale con le panchine, appunto un parco. Il sole fa fatica a penetrare il frondame e quindi si può camminare al fresco. Diverse sono le abitazioni moderne che inframmezzano quelle antiche. C’è pure una scuola elementare ancora aperta, ma per l’estate ragazzi. Un’attività estiva che è gestita da parrocchie, oratori, scuole ed associazioni che impegnano i ragazzi durante le vacanze estive.
l’incontro
Aspetto Paolo davanti al suo ufficio: si trova a qualche metro dal bar sul marciapiede opposto. Aspetto su una panchina. Paolo esce e mi fa un cenno facendo capire che devo raggiungerlo. Il saluto è parecchio affettuoso. Il viaggio deve essere stato ben lungo! E’ dimagrito. Lo era già ma ha perso ancora 7 chili, mi racconta. E’ alle prese con il suo libro. Sta correggendo le bozze appunto e nel contempo è venuto fin qui per accudire il cane che la moglie, ex, aveva degli impegni che non gli permettevano di tenerlo. Io non sono pratico di cani. Per me il cane è il pastore tedesco oppure Napoleone, il maremmano incrociato con un pastore tedesco che aveva preso mio padre e che poi era rimasto con mio fratello fino a quando un mese dopo la morte di papà era mancato pure lui. Questo è piccolino bianco a macchie nere, e mi domando come uno dell’Inter lo possa accudire (risatina!).
Ci spostiamo al bar, e scegliamo l’unico tavolino libero che si trova nella via di fianco perchè quelli nel dehor davanti e lungo la via sono tutti occupati. Granita ai gelsi e al limone da parte mia, lui a limone. Niente brioche “cu tuppu”, al pomeriggio non si può. Quella solo al mattino a colazione e magari presto in Sicilia. Siamo entrambi vogliosi di raccontarci questi mesi. Ma sopratutto Paolo mi confida la sua volontà di fare qualcosa di molto diverso dal suo recente passato di informatico: vuole fare il pane e vuole farlo molto lontano dall’Italia. Chissà se ci riuscirà! Ma nel frattempo mi informa che ad agosto partirà per il Madagascar con sua figlia. Un viaggio a cui tiene tanto. Sopratutto perchè è con la figlia!
Risolto il problema della granita parliamo del mio libro. Qualche informazione legata all’editore, alla modalità di stampa, ma sopratutto: “Me lo hai portato?”. Rispondo negativamente anche perchè a piedi non mi andava di portare cose. Allora con la scusa che a casa ho le copie stampate dopo la prime 250 mi faccio accompagnare a casa. E una volta su, accendo il portatile e scorriamo insieme le immagini della presentazione del 6 febbraio. E rinnovo l’emozione vissuta al Sermig.
il sogno di Paolo

Anche lui adesso deve capire come fare: stamparlo online oppure rivolgersi ad una casa editrice? Intanto deve finire la prima correzione per quelle che a suo dire sono circa 300 pagine formato A4. Si è fatto tardi. Deve rientrare per via di altri impegni che in questi giorni di permanenza nella capitale dei Savoia dovrà affrontare.
Certo che vederlo dietro il banco di una panetteria o nei locali di un forno sarà sicuramente quanto meno curioso, tenendo conto che fino a pochi mesi fa era un informatico e anche qualcosa di più. Chissà se l’esperienza vissuta nel forno di quel suo amico, dove ho scoperto che ci lavora un ex-allievo del CFP di Valdocco, nelle notti torinesi che ne hanno preceduto la partenza in giro nelle Americhe, ne ha fatto un apprendista panificatore e quindi potrà diventare un futuro fornaio e realizzare così il suo sogno.
In fondo in fondo anche a lui è un Bimbo Sperduto.