Da York (GB) a Santa Maria di Leuca ci sono 2600 chilometri. Oggi grazie ad Internet il calcolo è semplice. Ma per percorrerli è necessaria un’organizzazione di tutto rispetto, sopratutto per me che non sono avvezzo a viaggiare. Ti puoi appoggiare ad “AI“, l’intelligenza artificiale, ma ci sono problematiche che solo un uomo con l’esperienza di Massimo può risolvere. Anche perchè lui mi conosce bene mentre “l’AI” no!
Attraversare l’Europa in auto è sempre stato un desiderio, perchè non dirlo. E quindi mi pare una buona idea raccontare questo viaggio per chi c’era e per chi magari avrà voglia e tempo “di leggermi” sul mio sito.
Massimo, “il Comandante”, ha organizzato il viaggio in modo inappuntabile in occasione della cerimonia di laurea di sua figlia Grace. Abbiamo attraversato Svizzera, Germania, Francia e poi la Gran Bretagna su un nove posti che ha magistralmente condotto dall’inizio alla fine senza fare neanche una piega. E così che finalmente ho avuto l’occasione di attraversare l’Europa occidentale!
Lucia invece ha pensato ad organizzare il viaggio da Torino a Santa Maria di Leuca. Lei ha un fiuto particolare per le residenze dove soggiornare e quella di Mesagne in provincia di Brindisi era eccezionale veramente!
E’ sempre un piacere tornare in Puglia, un misto di gioia e malinconia nel ricordo di giorni passati. La sua famiglia è partita dalla provincia di Foggia alla volta di Torino pochi mesi prima della sua nascita. San Paolo di Civitate, terra di Nonna Gilda e di ulivi, pomodori e mozzarella ed una finestra su Gargano, San Nicandro il paese di Nonno Vincenzo, la Foresta Umbra, Pugno Chiuso, Vieste. “Un pani cunsatu” e comu u facia me soggiru ci nni voli! E poi San Giovanni Rotondo e il miracolo “tra le pietre” di Padre Pio.
la genesi
Un giorno Massimo mi chiamo e mi dice che avrebbe avuto piacere che io e la mia famiglia partecipassimo alla cerimonia di Laura di sua figlia Grace. Lei ha studiato dalle parti di Nottingham. “Perchè no”, ho risposto di getto. “Andiamo in macchina ed io vengo con te in Inghilterra, ma prendiamo il traghetto e non il tunnel sotto la Manica”. E il Comandante, mi ha preso in parola.
Partenza da Leinì dopo una lauta colazione, l’ultimo pasto italiano prima del rientro degli otto componenti del gruppo nel Bel Paese. Eccoli: sono Massimo, Ketty e Grace la laureata, Gabriella, la Zia, e Mario, Lucia, Marta e il sottoscritto.
Autostrada Torino Aosta. Buchiamo le Alpi attraverso il traforo del Gran San Bernardo, potendo ammirare la maestosità delle vette dai tornanti che Massimo dipinge al volante come un pittore fa con la sua tela. La prima volta per alcuni di noi. La ripida discesa interrotta solo dai lavoro in corso e quindi la possibilità di ammirare un panorama fatto di laghetti, torrenti e cascate fino alla prima sosta in terra elvetica. La Svizzera, il Cantone Francese. Le prime differenze con l’Italia sono evidenti!

Prima sosta a metà tra colazione e pranzo
Ci fermiamo per la prima sosta verso le 11,30. Il luogo scelto si affaccia su un laghetto. Un locale con ampie vetrate che definirei un combo, informaticamente parlando, perchè nel contempo è ristorante ma anche super market. Ma anche bar, ma anche quello che ti pare. “Sti Svizzeri hanno la capacità di trasformare una semplice sosta in un momento di relax“, penso tra me e me.
A dispetto della location io mi convinco che sarà meglio dimenticare la cucina italiana per una decina di giorni, ma senza proferir verbo.
Svizzera significa ordine maniacale di ogni cosa. Quasi ti annoia vedere le strade pulite e curate; gli automobilisti che rispettano la precedenza ad incroci e rotonde. L’unica voce che si sente per tutta la valle … è la mia, dice il Comandante! E lungo il percorso, che si srotola sui pendii delle Alpi, bancarelle di albicocche grandi e gustose. Per bacco in Svizzera c’è la frutta! E non sarà l’unico paese dove c’è frutta e anche molto buona. Non si poteva fare altro che assaggiarla.
Il lago di Losanna
Il lago di Losanna, al primo passaggio, ci lascia tutti senza fiato per la sua bellezza, circondato da paesi che sembrano posti in modo accurato dalla mano di un gigante: d’inverno sembrerà un bel presepe. Al ritorno il Comandante ci farà sostare in un punto strategico per farci gustare il panorama in tutto la sua bellezza. Sarebbe stata l’ultima sosta prima del ritorno a casa, ma ci siamo dovuti fermare ancora una volta in autostrada, già in rientrati in Piemonte, a causa di un brutto incidente stradale accaduto qualche minuto prima del nostro passaggio. Nulla di grave però.



Poi Berna e Basilea. E Colmar e Mulhouse. Costeggiamo per diversi chilometri il confine tra Francia Svizzera e Germania fino a Strasburgo e da lì ci inoltriamo decisamente in territorio francese.
Campagna a perdita d’occhio.
Non vedi una montagna e manco una collina neanche a pagare.
Abbandoniamo l’autostrada nei pressi della prima tappa e ci avviciniamo a Reims da dove l’indomani raggiungeremo Calais. La sosta scelta da Massimo è in un luogo molto accogliente nella zona di “Chalon en Champagne”. La tenuta è accessibile da un cancello con apertura a codice numerico. All’interno tre appartamentini ricavati dentro un granaio e un torrente con sdraio e sedie su di un piccolo pontile con un cancelletto a proteggerne l’accesso. Un paesaggio così mi era capitato di vederlo solo in un film francese, pochi settimane prima.
Il Comandante controlla che tutto sia in ordine e ci indica gli alloggi per ciascuna famiglia.
Sarebbe ora di cena
Eravamo ben cotti dal viaggio, ma avevamo un discreto appetito e allora siamo andati alla ricerca di un posto adatto alla bisogna. Il deserto totale intorno: solo campagna francese. Dopo qualche chilometro incontriamo una piccola frazione. Un rifornimento di benzina con un distributore di “baguettes“.
E questa mi mancava, non l’avevo vista manco nei film.
Attiguo un locale che tutto poteva sembrare meno che una pizzeria o un ristorante.

Il sole faceva faticava a tramontare e si perdeva all’orizzonte senza dare indicazione alcuna su quanto avrebbe impiegato a sparire. “Eppure quando sono sulla riva del mare di fronte alle Isole Eolie e lui è in quella posizione, in questi giorni, inizi a contare e non arrivi neanche a dieci ché lui si è già tuffato.“
Proviamo ad entrare.
Cerchiamo di capire con cosa avremmo saziato i nostri stomaci bramosi di cibo. Il francese inappuntabile di alcuni dei miei compagni di ventura ci permette di venire a conoscenza che praticamente l’oste aveva terminato tutto e rimaneva poco altro … la pizza … francese, punto. Quindi via con l’ordinazione. Io ordino una pizza francese, punto. Anche se avrei preferito gli hamburger, ma erano terminati, punto. E poi della birra. Quello che mangio è una roba che sa di pasta sfoglia del supermercato, punto. E comunque è andata benissimo la cena. La stanchezza ha fatto si che la considerassimo una cena. Il merito è da ascrivere tutto alla compagnia e al coraggio di entrare in quel locale. Punto.


Alla volta di Calais
Al mattino seguente sveglia all’ora convenuta e partenza. Lungo il tragitto la nebbia ad alta quota ci annuncia la vicinanza dell’oceano Atlantico e a Calais. All’arrivo un porto grandissimo si materializza davanti ai nostri viaggiatori a dispetto della piccola Calais. Vi attraccano navi provenienti da ogni dove, ma sopratutto i traghetti per Dover e anche per l’Irlanda. E pensare che per me Villa San Giovanni era già grande. Bene allora moltiplicate per cento e potrete avere un’idea delle dimensioni. Un piazzale che si perde a vista d’occhio. Realizzarlo a Villa San Giovanni con l’Aspromonte a ridosso dello Stretto neanche a parlarne, soprattutto se ci deve stare anche la stazione delle FFSS.
Più facile fare il ponte, no!
La traversata dura quasi un’ora e mezza.
Non sono poche le navi che frequentano questa tratto di mare che separa “oggi” l’Europa dalla Gran Bretagna.


L’approdo a Dover
Uscendo dal porto di Calais e volgendo lo sguardo a babordo in lontananza si intravvedevano le spiagge storiche della Normandia. Spiagge sterminate. E sterminati furono molti giovani soldati americani che sbarcarono senza neanche sapere dove si trovavano e perché. La guerra. Ah la guerra! Quando è guerra è già un dolore senza senso. E quando altro, quando è genocidio, allora cos’è?
Il mare era calmo. O meglio l’oceano Atlantico era calmissimo. E menomale.
A mano a mano che ci si avvicina alla costa le scogliere di Dover iniziano ad assumere i loro contorni come se un pittore un pò alla volta le stesse disegnando. Sono bianche, è vero. “AI Overview” – l’intelligenza artificiale di Google – recita così: “Le Scogliere di Dover sono bianche perché sono costituite principalmente da gesso (chalk), una roccia sedimentaria di colore chiaro formata milioni di anni fa da depositi di microscopici resti calcarei di antichi organismi marini, come i coccolitofori. Il processo di consolidamento e formazione di questi sedimenti nel corso di milioni di anni ha dato origine alla roccia calcarea bianca friabile che vediamo oggi sulle scogliere.“
Approfitto di Google anche perchè non ho vicino a me Pucci mentre scrivo. Lui, che stigmatizzerebbe il mio uso di internet a scapito di una ricerca su un trattato di geografia o su un’enciclopedia generica, mi avrebbe apostrofato tra il sarcasmo e il rimprovero del suo dire che oggi non siamo più in grado di fare il minimo sforzo mentale che subito dobbiamo ricorre ad Internet. Ma internet oggi c’è e ce ne dobbiamo fare una ragione. Mi aiuta nella ricerca e anche nella conoscenza “di cose che non so” e spesso riesco anche a scoprire nuovi concetti o nuovi autori, scrittori, musicisti, anche perchè non ce l’ho sempre a fianco: mi riferisco a Pucci. Mentre grazie ad un qualunque device basta un clic, pardon cellulare o tablet o pc!


La vista delle scogliere mi ha molto emozionato. Eccole li: sono contento. Sai come quando compi un’impresa: uguale! E poi via per le strade inglesi. Attenzione che qui la guida è a sinistra. Ma a questo ci pensa il Comandante. E sempre in modo inappuntabile. Se prima avrei potuto anche immaginare di potergli dare il cambio alla guida del pulmino, adesso non se ne parla proprio. La guida a sinistra con un veicolo con il volante a sinistra è veramente complicata. Ma ho la fortuna di non dovermene preoccupare minimante: mi ripeto, lo so.
Il viaggio alla volta di Nottingham scorre veloce. Solo nei pressi del nodo autostradale londinese ha un rallentamento dovuto al traffico veramente intenso. Infondo è la Capitale del Regno Unito e di quello che fu (?) l’Impero Britannico e conta quasi 9 milioni di abitanti ed è la terza città per estensione dopo Mosca e Istanbul. Un pò di confusione ci dovrà pur essere., che dite! E dire che qui le autostrade sono larghissime ed quattro corsie sempre, anche se non hanno la corsia d’emergenza. E’ “Sunday pomeriggio“. Si rientra dal fine settimana. Qui i bambini vanno ancora a scuola nel Summer term, uno dei tre trimestri in cui si divide la scuola.

It’s grey: the weather intendo. E tanto qui è così, peggio che a Torino. Che ve lo scrivo a fare. Si sa. Non fai in tempo a dire che c’è il sole, che un minuto dopo, un colpo di vento, arrivano le nuvole e magari piove. E dire che quest’anno si lamentano per la siccità. Ed effettivamente è vero. L’erba è sempre verde ma ti accorgi che è desiderosa di pioggia. Nel viaggio che faremo nella campagna inglese in occasione delle nostre due gite a York e Stratford upon Avon, lo potremo constatare molto bene e sopratutto quando raggiungeremo l’imponente dimora di Chatsworth House nel Derbyshire. Vi anticipo che siamo stati anche a York, ma il seguito lo leggerete nella prossima puntata.




[continua …]

